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lunedì 21 febbraio 2011

Kiribati, Trieste.

Il mio è un lavoro strano, l'ho già detto e scritto tante volte.
Però ha degli aspetti positivi, uno dei quali è che si incontrano persone di ogni parte del mondo, quindi difficilmente ci si annoia.
Tempo fa ho dovuto assistere, durante la sua permanenza in porto, la portacontainer "Port Said". E' una nave feeder: effettua una rotazione che prevede l'approdo in diversi porti tra Tirreno e Adriatico. Prima dell'arrivo a Trieste, il comandante (tedesco di Germania) mi manda la lista equipaggio... e qui ho la prima sorpresa: dopo gli scontati tedeschi (master e chief engineer) Filippini (primo ufficiale, secondo, cuoco) Ucraini (ufficiali di macchina), noto che tutta la bassa forza, alla voce "nationality" riporta: Kiribati.
Siccome in geografia sono ignorante come pochi, mi sono documentato, scoprendo che trattasi di arcipelago dell'Oceano Pacifico. Appurato con la polizia che non ci sono problemi per il rilascio dei lasciapassare per consentire ai marittimi di scendere a terra (Iraniani e Pakistani, ad esempio, non possono scendere sul sacro suolo italico) preparo i soliti documenti e mi dimentico del simpatico arcipelago.
Fino alla domenica mattina, quando la nave ormeggia.
Arrivo in porto di corsa, trafelato, incazzato col mondo e con le autorità competenti che mi costringono a fare dei lavori palesemente inutili... ma questa è un'altra storia.
Sono a bordo, e sbrigo il mio lavoro con la consueta, maledetta fretta. Mi accorgo a malapena che i marinai della nave sembrano tutti dei giocatori di rugby degli "all blacks": scuri di pelle ma non troppo, naso da pugile, corpi tozzi e robusti.
Mentre mi scapicollo giù per la scaletta, diretto alla moto... vedo che un marinaio è sceso sul pontile, e ha in mano un bastone.
Anzi, non è un bastone. E' una specie di arpione: da un lato ha come delle stecche di ombrello disposte "a pigna" e dall'altro c'è una fune per il recupero.
Mentre mi rendo conto di cosa sia quell'attrezzo... lui comincia a pescare, nello spazio tra la il molo e la nave. E al primo tentativo, tira su 2 cefali da porzione.
Non si cura minimamente di me che lo guardo stupito: finisce pietosamente i due pesci, fa ancora un paio di lanci e dopo meno di cinque minuti risale a bordo con il pranzo in un secchio.
La naturalezza di quei gesti, l'abilità consumata mista ad una sorta di religiosità stridevano in un modo impressionante con le transtainer che rumoreggiavano in sottofondo e il viavai dei camion. Mi sarebbe piaciuto scattare qualche foto, ma come sempre, la macchina fotografica era a casa, al calduccio... maledetta pigrizia e maledetta fretta.

lunedì 12 luglio 2010

Fastidio

Vi avviso: oggi sono fastidioso.
Sono reduce da un solenne scassamento di minchia, ovvero una riunione con altri operatori del settore (agenti marittimi, terminalisti, spedizionieri, nani, saltimbanchi e ballerini vari) che sarebbe dovuta servire a definire gli aspetti tecnici di un problema di interscambio dati.
Questa riunione è stata richiesta a gran voce dalla società appaltatrice, che si sta occupando di informatizzare alcuni aspetti del mio lavoro per conto dell'Autorità Portuale di Trieste. Vi confesso che temevo di essere un po' impreparato: da tempo ormai non pratico l'informatica "vera" e alcuni aspetti dell'interscambio dati sono abbastanza complessi. Questi soggetti poi sono preceduti da una fama di grandi esperti, particolarmente preparati, quindi questa mattina ero quasi in soggezione, quando insieme ad un'altra ventina di peones come il sottoscritto mi sono presentato alla riunione.
Per consentire ai non addetti ai lavori di comprendere i termini del problema, devo anticipare che da oltre vent'anni esiste un "linguaggio" che le varie compagnie di navigazione, terminal, agenzie ecc. ecc. utilizzano per scambiarsi dati in un formato uguale in tutto il mondo. Un container entra in terminal? Ti mando un messagio "coparn". Una tonnellata di merce è stata consegnata ad un camionista? Ti mando un "codeco". Vuoi un piano di stivaggio della nave? Beccati 'sto "baplie". Tutti questi messaggi fanno parte di uno standard, detto UN/EDIFACT (United Nations Directories for Electronic Data Interchange for Administration, Commerce and Transport) che negli anni è stato curato e standardizzato da un organismo che quasi nessuno conosce... le Nazioni Unite, altrimenti dette ONU. Per chi volesse approfondire, se ne parla qui: http://www.unece.org/trade/untdid/welcome.htm
Quindi supponevo che, parlando di interscambio dati riguardanti merce che entra ed esce dal porto, cotanti esperti conoscessero a menadito lo standard.
Beh, dopo due minuti di riunione, ho scoperto che non solo non conoscono a menadito lo standard: ne ignorano bellamente l'esistenza, proponendo quindi un LORO sistema per lo scambio di informazioni. E' come se il salumiere si mettesse a vendere la merce pesandola in moli, oppure la merceria sotto casa attaccasse a vendere la stoffa in cubiti, invece di usare i metri e i centimetri. Ma la cosa più aberrante di tutto ciò è che gli operatori saranno praticamente "costretti" ad utilizzare questo nuovo portentoso sistema, imposto dall'alto da qualche "esperto" che non sa neanche come sia fatto un porto. Come se non bastasse, il portentoso sistema dovrà essere operativo ed utilizzato da tutti gli operatori entro il primo gennaio.
Benissimo. Un amico mezzo pissicologo mi ha detto una volta che, di fronte alle disgrazie, l'essere umano attraversa cinque fasi:
1) negazione Non è possibile: ho sentito male, ho capito male, è un incubo, adesso mi sveglio.
Ci ho messo dieci minuti buoni a riprendermi dallo shock: pizzicotti, schiaffetti... niente, è tutto vero. Ok, passiamo alla fase
2) rabbia Perché capitano tutte a me? Per fortuna sono riuscito a limitarmi: ma altri presenti hanno dato delle belle prove di incazzatura... passando poi alla fase
3) trattativa Appurato che la disgrazia è inevitabile, e incazzarsi serve a poco... vediamo come affrontarla. Due ore di chiacchiere, problemi tecnici, doganali, normativi, informatici... per scoprire che ad oggi (12 luglio) ancora la normativa non è chiara, non esiste uno standard, un tracciato record... no. Non mi farete tornare alla fase uno, bastardi! Preferisco dirigermi di gran carriera tra le amorevoli braccia della fase
4) depressione, nella quale mi trovo ancora adesso. Mi sto sfogando scrivendo, ma mi deprime il vedere come uno stronzissimo problema di interscambio di dati stia diventando un caso per il quale siano necessari mesi di pianificazione e di sbattimenti vari... tutto per non voler usare uno standard che esiste da oltre vent'anni. Vogliono a tutti i costi reinventare l'acqua calda. Non so se arriverò mai alla fase
5) accettazione... ma se ci arriverò, sarà solo perché cercherò di fare come il buon Commendator Bevilacqua, alias Gilberto Govi... di cui vi sottopongo un breve ma significativo spezzone:

martedì 9 marzo 2010

L'ignoranza pericolosa

Chi mi conosce, sa che temo e rifuggo i tuttologi... a Trieste c'è un bel detto: "el mona sa tutto".
Quindi cerco sempre di evitare di inoltrarmi in terreni a me poco conosciuti, onde evitare di far la parte del tuttologo. Tuttavia, due casi recenti di ignoranza perniciosa mi spingono inevitabilmente verso questa strada... se qualcuno si accorgesse che ho scritto boiate, lo segnali pure.
Sono due casi riguardanti argomenti molto diversi, ma in ambedue è evidentissimo come il cavalcare le credenze popolari, o i dati ritenuti "ovviamente incontrovertibili" possa essere non solo dannoso, ma anche maledettamente pericoloso.
Il primo caso, più lontano dal mio mondo e sul quale sono meno preparato, è quello della patata"amflora". Si tratta di un tubero definito "geneticamente modificato", quindi il diavolo per eccellenza sui media e nella credulità popolare. Peccato che, come ben spiegato qui dall'ottimo Dario Bressanini, quella patata sia destinata ad uso industriale (non alimentare). OGM non deve significare necessariamente "cattivo": la patata amflora rappresenta un notevole passo avanti e un buon esempio di come l'industria e la civiltà moderna possa avvantaggiarsi con l'uso di OGM. Ma niente da fare: preferiamo tagliarci l'uccello pur di far dispetto alla moglie :-) .
Sul blog di Enrico, che leggo sempre con piacere, c'è sintetizzata la mia posizione sugli OGM: ha scritto poco fa un post in cui mi ritrovo parola per parola: lo potete leggere cliccando qui .
Ma anche se molti di voi preferirebbero che io continuassi a disquisire sulla patata, passo ad un argomento che invece mi è più congeniale :-) e che recentemente mi ha fatto veramente capire come l'ignoranza possa essere potenzialmente distruttiva.
Scusatemi se la prendo un po' alla lontana, ma devo spiegare un po' di cosette prima di poter illustrare il "caso".
Le navi che vedete circolare sui mari, per far girare l'elica, produrre energia elettrica, scaldare gli alloggi, riscaldare o raffreddare il carico, utilizzano motori a scoppio nel 99% dei casi. Il motore principale, quello che fa girare l'elica, funziona bruciando un combustibile denominato "fuel oil" in italiano "Olio combustibile denso". Poi ci sono diversi motori ausiliari, caldaie, generatori che funzionano con combustibili diversi, ma in generale molto simili al gasolio che usano le automobili. Il fuel oil è un combustibile denso (la consistenza può essere quella della marmellata) che ha il pregio di costare meno del diesel... ma il difetto di essere un po' più inquinante, Soprattutto per quanto riguarda il contenuto di zolfo. Nel tempo varie convenzioni hanno determinato che il contenuto di zolfo del fuel oil utilizzabile sulle navi non dovesse essere superiore ad una certa percentuale, che viene ritoccata al ribasso periodicamente. Tutto molto bello: l'ambiente va tutelato.
Recentemente è entrata in vigore una normativa europea, recepita dal governo italiano che obbliga le navi che approdano nei porti italiani ad utilizzare combustibili con un tenore di zolfo inferiore allo 0,1% in massa. Bene, direte voi... anche no, rispondo io. Perché un combustibile del genere non può essere bruciato in nessun motore navale, se prima non si fanno le opportune modifiche... il che richiede tempo. Immaginate l'impianto di alimentazione del motore di una nave: centinaia di metri di tubature, valvole, decine di pompe, nelle quali fino a ieri circolava un combustibile con la consistenza della marmellata (vedi foto). Tutto è stato pensato e progettato per quella viscosità. Da domani, ci deve passare del gasolio. Che è meno viscoso... quindi le tubature e le valvole che contenefano il fuel oil, difficilmente conterranno senza perdite anche il gasolio.
Inoltre il gasolio ha il brutto vizio di essere più volatile del vecchio fuel oil: produce gas potenzialmente esplosivi, che il fuel oil produce in maniera molto inferiore. E i motori delle navi non sono progettati per far fronte a questa evenienza. Occorre tempo per apportare le modifiche e poter inquinare meno in sicurezza. Ma le autorità preposte, allo stato attuale dei fatti, hanno deciso di non concedere deroghe sulla norma dello 0,1% multando in maniera molto pesante gli armatori delle navi che ancora non hanno provveduto a mettersi in regola.
Risultato: o rischiano la multa... o rischiano di fare boooooooooooooommmm.
Così salviamo l'aria dall'inquinamento da zolfo, ma impestiamo il mare con un inquinamento da idrocarburi conseguente all'esplosione, oltre a far rischiare la pelle a quelli che sulle navi ci lavorano.

Marca "bravo" al ministero dell'ambiente.

domenica 7 dicembre 2008

Il lavoro è lavoro...

...ma dopo un po' uno si rompe le palle.
Forse perchè son due giorni che faccio giornate da 12 ore mentre gli altri si godono il week-end lungo.
O magari perchè in questo fine settimana mi son capitati diversi contrattempi, che hanno reso i due giorni particolarmente faticosi.
C'è anche da considerare che oggi era una bella giornata, e mentre andavo a bordo di una petroliera ho incontrato i miei amici che con la moto se ne andavano a fare un bel giretto.
Poi a Natale sono tutti più buoni, ma siccome ho a che fare con equipaggi indiani (che del Natale se ne fottono) mi son trovato due simpatiche comitive di mangiamerda.
Fatto sta che oggi ho le balle in giostra. E quando sono in questa condizione, le cose che di solito mi scivolano senza troppi problemi mi stimolano delle riflessioni. E' un po' come se mi scolassi un bottiglino di Guttalax: devo sparare la mia cagata.

Giusto due paroline ai direttori di reti televisive / caporedattori di TG:

Ragazzi, smettetela di fare i servizi sulla crisi, sul natale, sull'influenza.
Riciclate quelli dell'anno scorso, tanto è uguale.
Lo so che ormai è tardi, e quelli per il cenone sono programmati: vi dò un paio di suggerimenti su quelli da cercare in archivio:
Dopo le feste natalizie, zitti zitti, tirate fuori dal cilindro i consigli degli esperti per perdere quei chiletti in più dovuti alle libagioni nataliz/capodannesche. Vedrete che nessuno se ne accorge. In diretta prosecuzione, verso metà gennaio... vai con l'epidemia di influenza. Cosa mai dovremo fare con l'influenza? Farci una doccia fredda e correre nudi in strada? NOOOOO! A letto, bere molto, vitamina C... ecc ecc. Intervista al sedicente esperto, e via.
Per febbraio tenete pronti i servizi esclusivi su freddo eccezionale, Bora a Trieste, Neve in Val Badia e nebbia in Val Padana. Se dovessero esserci neve a Trieste, nebbia in Val Badia e bora in Val Padana, toccherà rifarli. Ma io confiderei sulla ripetitività del clima.
Un grande classico il consiglio dell'esperto su come sopravvivere al cambio dell'ora solare/legale. Magari scambiatevi esperti ogni tanto... come le figurine. Così chi segue solo un TG, di anno in anno, vede una faccia nuova.
Da lì in avanti è tutta discesa: raffreddori da fieno per la primavera, piogge fuori stagione, i primi caldi in Sicilia... dai che avete capito: mi fermo qui.
Se doveste aver bisogno, il mio indirizzo e-mail lo sapete. Non dico mai di no: il lavoro è lavoro...

sabato 1 novembre 2008

Discriminazione

In questi giorni (anche oggi, che se non ricordo male è festivo) sono oberato di lavoro.
Sembra che tutte le navi del mondo abbiano deciso di fare scalo a Trieste, e tutti gli armatori si siano innamorati della "mia" agenzia. 'zzo ti lamenti, direte voi. Non siamo mai contenti... se c'è poco lavoro piangiamo il morto, se è troppo ci lamentiamo.
Comunque mi è capitato di guardare un Tg (pessima abitudine. Devo smettere, lo so...) dove si parlava di una cosa nuova. Nessuno ne ha mai sentito parlare... il crack Alitalia.
C'erano alcuni personaggi (sindacalisti? esperti? boh...) che cianciavano come al solito: "Blah blah blah occupazione blah blah piano industriale blah blah ammortizzatori sociali blah blah blah sicurezza ". Tra un blah e una cazzata mi giunge alle orecchie che i poverelli che perderanno il lavoro saranno messi in cassa integrazione. Provvedimento che potrà durare fino a sette anni.
MINCHIA!
SETTE ANNI???
Questi potranno stare sette anni a casa e prenderanno una quota parte del loro attuale stipendio.
Perchè io non posso fare lo stesso?
Sarebbe bello. Domani metto in vendita l'agenzia.
Basta navi, basta svegliarsi alle 3 della mattina perchè un marinaio filippino si è perso o perchè un ispettore di compagnia vuole tornare a casa e non sa chiamarsi un taxi.
Basta lavorare sabati, domeniche, festivi, prefestivi, isole comprese.
Basta pagare circa il 50% di quello che guadagno in tasse.
Basta espletare adempimenti burocratici assolutamente e palesemente inutili.
Basta sopportare la vista di gente che non fa altro che generare carte inutili e auto-referenziarsi per proteggere il proprio posticino di potere piccolo piccolo.
Vendo, cerco una cordata di amici che facciano finta di comprare l'agenzia, e nel frattempo mi metto in cassa integrazione. Sono onesto: al 50% dello stipendio.
Per 5 anni, non 7. E in quei 5 anni mi invento un altro mestiere... magari il collaudatore di materassi. O prendo il brevetto da elicotterista. O vado a zappare la terra. O...
Basta sognare. Io devo continuare a lavorare. Se non lavoro, non mangio ecc ecc...
Ma ho un sospetto: il sistema è fatto in modo che io lavori, perchè sono più conveniente da lavoratore che da cassintegrato.
Mettere 10.000 persone in cassa integrazione per 7 anni significa probabilmente che quelle 10.000 persone sono meno convenienti da lavoratori che da cassintegrati.
Sono forse dei guastatori? Qualcuno magari... ma tutti e 10.000 non credo.
Allora perchè la collettività deve accollarsi le spese per pagare la cassa integrazione? Se domani si prosciugasse l'adriatico, il sottoscritto si troverebbe con una mano davanti e una dietro. E si ingegnerebbe a far qualcosa per campare, magari da qualche altra parte vicino al mare (senza il "freatellone blu" mi manca l'aria).
Di quei 10.000 magari qualcuno ne avrà davvero bisogno della cassa integrazione... chi per due mesi. Chi magari per un anno. Arrivo a capire anche due anni, in casi particolari. Ma se non sei appartenente ad una categoria protetta, ed in DUE anni non riesci a levarti dal culo, sei come i panda. E come dice un mio amico: devi morire.

No, non ce l'ho con i panda. Per maggiori chiarimenti circa la filosofia de "il panda deve morire" visita http://ilpandadevemorire.wordpress.com/perche-il-panda-deve-morire/

Alla prossima...

mercoledì 8 ottobre 2008

Ai spik inglish very uell

Mi perdonino i lettori che non spiccano inglese: in questo delirio ce ne sarà un po'... Ma roba semplice, non mi avventurerò certo in disquisizioni su Shakespeare (tranquilli, è scritto giusto. Ho cercato su Wikipedia).

Per lavoro mi trovo a parlare inglese praticamente tutti i giorni. Dire che parlo inglese però è un po' esagerato: diciamo che parlo una sorta di lingua franca, adottata dai marittimi di tutto il mondo per farsi capire. Le regole grammaticali sono decadute, e con esse buona parte di quelle sintattiche. In compenso proliferano un quantitativo imbarazzante di acronimi: ricordarseli tutti è veramente dura. Ad esempio sono tre anni che cerco di infilarmi nella zucca che WSNP vuol dire Weather and Safe Navigation Permitting. Un messaggio e-mail classico proveniente da una nave è:
Subj: M/T OAC ETA ITTRS
Good day,
ETA ITTRS WSNP: 16th Sep / 1000 LT
Brgds
Master


Che de-acronimizzato diventa:
Subject: Motor Tanker Ocean Accord - Estimated Time of Arrival in Trieste
Good day,

Estimated Time of Arrival in Trieste, Weather and Safe Navigation Permitting is September, 16th at 10.00 Local Time.


Best regards
Master

Dopo un po' ci si abitua... ma sto divagando. Che abbia contratto la divaghite?

Dicevo della lingua franca: ormai l'inglese dei marittimi è molto "standard" e spesso ci si capisce anche se in mezzo alle frasi si infilano parole greche, italiane, spagnole... lasciamo perdere le pronunce: si va dal sottoscritto che parla con l'accento del Gabibbo (soprattutto quando mi sto incazzando) ai cinesi che hanno difficoltà con le R, i Turchi che parlano velocissimo, gli indiani che sembra di sentire una latta di pittura vuota che rotola per le scale (deng deleng dleng deleng).

Io cerco di parlare un inglese discreto, rispettando quelle regole grammaticali e sintattiche che vagamente ricordo di aver studiato a scuola. Questo talvolta rende il mio inglese un po' troppo complesso per chi, come molti marittimi, la lingua l'ha imparata nei casini di mezzo mondo. Tuttavia tempo fa mi è capitato di essere protagonista di una simpatica scenetta con un comandante britannico. Immaginate l'ambientazione: "Ship's office" di una petroliera, con all'interno una decina di persone: addetti del terminal, ufficiali della nave, comandante ed io. Una volta entrato saluto e mi siedo, in attesa che il comandante termini alcuni lavori per poi dedicarsi a me e alle mie scartoffie.
Dopo qualche minuto comincia la conversazione, che riporto:

M:"Good afternoon captain. I am Marco, your agent. Once you have completed all the paperwork with the terminal guys, I have some documentation that you should watch, stamp and sign"
C:"Ok, wait a minute."
Dopo qualche tempo...
C:"Ok Marco, show me the papers"
M:"This is the immigration police set. You should be so kind to stamp and sign each shore pass. In the set you'll find some shore pass left blank: just in case I made mistakes..."
C:"I don't understand you"
M:"This is the immigration police set. You should stamp and sign each shore pass. In the set you'll find some shore pass left blank: just in case..."
C:"Your English is poor, I can't understand you"
M:"Sorry captain, but I never had problems like this before. You mean that you do not understand me because my english is not good enough?"
C:"Exactly."

Il tutto con una spocchia e un atteggiamento che mi ha fatto vagamente girare le balle. Quindi...

M:"Very well. I guess that your Italian is better than my English. So I am going to explain you all the formalities in Italian.
Pronto?
Buongiorno comandante.
Questo è il set per la polizia di frontiera. Dovresti essere così gentile da timbrare e firmare ogni lasciapassare. Ne troverai alcuni bianchi: li ho preparati in caso abbia commesso errori nel compilare... mmm, seems that your Italian is not good enough to proceed. If you wish I can try in 'Genovese', but in my opinion..."
C:"Please, speak your 'so called' English, I'll do my best to understand it"

Morale: è vero che io non parlo un gran inglese, ma mi faccio un mazzo tanto per farmi capire. Se tu, caro testone, non parli la mia lingua... almeno cerca di apprezzare gli sforzi che sto facendo io per parlare la tua. Se tu mi dicessi "Un membro di equipaggio è ingiuriato" non penserei che ci sia a bordo un tipo insultato da tutti... più probabile che ci sia un ferito a bordo. E se anche non capissi, invece di fare lo spocchioso, cercherei di aiutarti, suggerendoti giri di parole, gesticolando... con un cinese siamo arrivati ai disegnini, una volta. Quindi abbassa la cresta, apri le orecchie e accendi quello che dovrebbe esserci in mezzo, because my English is not outstanding, but most probably is far better than your Italian.

venerdì 29 agosto 2008

All'armi!

Anche oggi mi scappa una storiella.
Come i più attenti di voi sanno, lavoro in un'agenzia marittima. Cosa fa un'agenzia marittima? Avete presente un'agenzia immobiliare? Bene, non c'entra una mazza :-)
L'agente marittimo si occupa di tutti gli adempimenti burocratici che una nave deve espletare all'arrivo e alla partenza da un porto. Notifiche alla Capitaneria di Porto, alla Guardia di Finanza, alla Polizia, ai terminal portuali... eccetera eccetera. Io lavoro principalmente con le navi petroliere... quei cosi lunghi circa 250 metri, larghi 40, ripieni di un quantitativo variabile tra le 60.000 e le 135.000 tonnellate di "oro nero".
Incutono un certo timore, persino da ferme. Pensate che si muovono a circa 25 Km/h. E per fermarsi, lanciate a quella velocità, hanno bisogno di circa 1 Km. Cosa può cambiare, secondo voi, se a bordo di uno di quei bestioni il comandante tiene una carabina ad aria compressa? Niente, direte. Che danno può fare una carabina ad aria compressa, che spara (forse) a 50 metri un piombino da 1 grammo? E' un danno infinitesimo, se paragonato a quello che può fare un coso che pesa 150.000 tonnellate pieno di petrolio che magari sbaglia manovra. Infatti le nostre autorità si preoccupano.
Della carabina, ovviamente.
Ieri ho passato mezza giornata al telefono con Prefettura e Polizia, per ottenere da loro l'autorizzazione a far entrare, nelle acque territoriali italiane, la pericolosissima carabina ad aria compressa del comandante. Il fatto che tale carabina sia a bordo di una potenziale bomba atomica non è assolutamente rilevante. Il fatto che le armi ad aria compressa siano in libera vendita in mezza Europa è considerato poco più che una seccatura. Bollo da 14,62, e istanza che, per dovere di cronaca, riporto:

Alla spett.le

PREFETTURA DI TRIESTE
Ufficio polizia Amministrativa


Trieste, 29/08/2008

Il sottoscritto ____________________, Agente marittimo raccomandatario dell’armatore ______________________, in nome e per conto del comandante della nave ____________________ di bandiera Norvegese, iscritta al numero ________ delle matricole di Haugesund, prevista arrivare a Trieste martedì 2 Settembre alle 00.30 proveniente da Statfjord Oil Field (Norvegia) per compiere operazioni commerciali;

DA’ AVVISO

ai sensi dell’art. 16 comma 3 della legge 9/07/1990 e art. 28 del T.U.L.P.S.

delle presenza delle seguenti armi e munizioni costituenti dotazione di bordo:

- No 1 fucile FEINWERKBAU ad aria compressa cal. 4,5 mm, numero di serie 316051;
- Nr. 5000 munizioni per il suddetto.

Si fa presente che il comandante si impegna a custodire sotto la propria responsabilità le citate armi e munizioni in modo da evitare l’accesso alle medesime da parte di altri presenti a bordo finché la nave permarrà nelle acque territoriali.

Si allega alla presente documentazione ricevuta dal comandante relativa alle armi sopraccitate.


Con osservanza

Firma



Ora vorrei fare alcune considerazioni.
Io ho "prodotto" questa istanza in una mezz'oretta di lavoro.

Stampata, firmata, bollata, mi sono recato in prefettura per presentarla. Colà un impiegato si è letto la pappardella, l'ha protocollata. Lunedì verrà contattata la questura (telefonata, fax...) e, dopo qualche tempo, il prefetto in persona firmerà l'agognata autorizzazione. Che dovrò andarmi a prendere, per poi mostrarla a GfF e Polizia a bordo.

QUANTO COSTA QUESTA SCIOCCHEZZA?

A me 14,62 euro e due ore di lavoro.
A voi, cari contribuenti... molto di più.
Brunetta, è inutile che mi fai lavorare questi disgraziati come matti.
Meglio che stiano a casa e retribuiti: almeno avrei risparmiato il bollo e 2 ore di tempo.

giovedì 10 luglio 2008

Burocrazia

Oggi voglio raccontarvi una storia.
I più attenti di voi sanno che lavoro in una agenzia marittima. Tra i compiti di una agenzia marittima c'è anche quello di coordinare spedizionieri, ricevitori, trasportatori per consentire un rapido fluire delle merci... e la settimana scorsa mi è capitata una cosa che mi ha fatto riflettere.
Dovete sapere che all'arrivo delle navi cariche di container, per ogni contenitore il ricevitore della merce deve pagare i cosiddetti "dazi di importazione" (tasse, IVA, ecc...) dopodichè deve anche procedere al pagamento della cosiddetta "Tassa erariale di sbarco". Per una serie di coincidenze che non sto ad elencare, è capitato che io mi si sia dovuto recare a pagare questa tassa per un container. Arrivato in dogana con la documentazione, sono stato accolto da 1 ora e mezza di fila, terminata la quale un funzionario doganale mi ha fornito una "distinta" (manifesto) di oltre 200 numeri di container nella quale individuare quello interessato. Individuato il numero e controllati i dati, si è passato al calcolo della tassa, che cambia a seconda del tipo di merce. Ottenuto l'importo da pagare, il funzionario ha stilato una bolletta di pagamento, a mano e in duplice copia (carta a carbone) e con una delle due copie sono andato alla cassa (poca coda, questa volta) dove, una volta saldato l'importo, mi è stata vistata la bolletta. Con quel pezzo di carta il container può finalmente uscire dal porto.
Dove sta la particolarità di tutto questo?
Guardiamo la bolletta:

Si, avete letto bene. 33 centesimi di euro. Anzi, "Diconsi euro zero/33.
Io quindi sono dovuto salire in moto, fare 12 Km per raggiungere la dogana, perdere 2 ore di tempo, farmi altri 12 Km a tornare. Per pagare euro zero/33. Lo stato, con questa ingente somma, dovrebbe pagare:

1 - carta speciale (2 fogli)
2 - carta carbone (1 foglio)
3 - 10 minuti di tempo di un funzionario
4 - 5 minuti di tempo di un cassiere

Questa procedura viene fatta per MIGLIAIA di contenitori ogni settimana.
A detta di chi ha lo fa tutti i giorni, non si pagano mai più di 2 euro.
Non è vero che i dipendenti pubblici sono tutti fannulloni: a volte lavorano come pazzi (e questo è una di quelle volte... avreste dovuto vedere le condizioni di lavoro dei funzionari) però per dare un disservizio (io come altri perdiamo ore e ore di tempo) e sperperare denaro pubblico.

Brunetta, oltre a cercare i fannulloni, dovrebbe attivarsi per riformare radicalmente la burocrazia... cosa più difficile, temo.