mercoledì 18 marzo 2009

Sulla forma

Premessa: il fatto che in questo mio post parli di "forma," non deve autorizzare il lettore a pensare che io mi interessi più della forma che dei contenuti.

Leggo sul Corriere della sera online che la Crisi porta le persone ad occuparsi nuovamente della forma di ciò che scrivono. Ne gioisco. Non della Crisi (che comunque, allo stato attuale dei fatti, mi ha portato solo benefici personali) ma del fatto che le persone riscoprano l'importanza della forma della parola scritta. Sono da sempre un talebano, su questo. Detesto chi scrive xkè invece di perché, hola invece di buon pomeriggio, oppure si inventa neologismi come "grati urgenziare" al posto di "Vi saremmo grati se poteste sollecitare". Sarà che nella mia precedente vita lavorativa facevo l'informatico, ma mi viene la pellagra quando vedo un media tecnologico (sia esso un SMS, una e-mail, un post su un forum...) mortificato con la totale mancanza di rispetto della forma. Questo vale anche per la carta stampata, anche se ormai ho perso la speranza che il modo congiuntivo venga correttamente utilizzato dai "professionisti" della parola.
Mi scappa da divagare ( © Dottordivago) un attimo...
Perché se uno di mestiere lavora con le giostre lo possiamo chiamare giostraio, mentre se uno per guadagnarsi il pane scrive o parla non possiamo chiamarlo parolaio?
Mi viene in mente il mitico Gilberto Govi, quando si riferiva ad una "signorina" che nella commedia "colpi di timone" tentava di ricattare suo fratello...
"Io faccio l'armatore, se per strada mi dicono armatore, io mica mi offendo, e' il mio mestiere. Quella là fa la... eh, non si può dire. Lo fa, ma non le si può dire, se no si offende!"
Chiudo la divagata ©, e torno alla forma.
Come amministratore/moderatore di un forum di motociclisti, mi capita abbastanza spesso di leggere frasi sconnesse, o sgrammaticate... ma quello che mi manda veramente in bestia è l'utilizzo scorretto del mezzo di comunicazione. Un esempio: tizio fa un panegirico di 200 righe su un fatto, e caio lo riporta in toto... scrivendo solo "quoto" in fondo. Caro caio: o scrivi quoto (al limite quoto in toto, che fa anche rima) o riporti solo la parte che condividi. O magari ti astieni dal comunicare a tutto il mondo la tua personale condivisione.
Non so se questa mia "mania" può essere legata al fatto che, quando ho iniziato a lavorare sui computer... ci si collegava con modem a 1200 bps. Per scaricare il solo testo di questo post, ci sarebbero voluti circa 30 secondi :-D. O magari tutto nasce dall'incontestabile vantaggio che si ottiene (in termini di tempo ed efficacia di comprensione) a rispettare le convenzioni che ci siamo dati in secoli di storia della parola scritta.
Con questo mi riallaccio a un mio vecchio post sul "quoting" delle e-mail...
Infine, sempre nell'ambito forma, vorrei farvi notare una cosa.
Provate a prendere l'autostrada A12 a Lavagna, e dirigetevi verso Genova.
In prossimità della prima uscita che incontrerete, potrete leggere sull'asfalto:

-->
LIGURE
MARGHERITA
SANTA

Il tempo che capiate che per Santa Margherita Ligure dovete uscire... siete già a Recco.
Lo stesso dicasi per l'immortale

-->
SERVIZIO
DI
AREA

non l'ho mai vista, ma immagino che a sud di Napoli farà bella mostra di sé una bella scritta

-->
STABIA
DI
-LAMARE
CASTEL-

Per favore, qualcuno dica alla società autostrade che l'uomo occidentale, da millenni, legge dall'alto verso il basso.

giovedì 5 marzo 2009

Circonvenzione d'incapace


Alcuni commenti al blog di TuttoQua mi hanno fatto venire in mente una cosa.
Le Signore Marchi (Wanna e Stefania) sono state condannate per truffa e circonvezione d'incapace.
Ma cosa è la circonvenzione di incapace?
Wikipedia riporta:

La circonvenzione di incapace è un delitto previsto e punito dall'art. 643 del codice penale. Consiste nell'abusare dei bisogni, passioni o dell'inesperienza di persona minore o in stato d'infermità o deficienza psichica, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto. Completa la fattispecie la circostanza per cui la condotta dell'incapace deve consistere in un atto dannoso per sé o per altri.

Quindi, se loro sono colpevoli, coloro che hanno dato dei soldi a queste due signore sono incapaci. Ovvero, dovrebbero essere dichiarati tali, e vedersi ritirare la patente, la tessera elettorale, ed essere assistite da un tutore. Del resto, se uno crede ancora nel malocchio, o che una crema possa far perdere 20 Kg, direi che ha proprio bisogno di un tutore. Di quelli bravi, eh...
Con questo non voglio dire che sia sbagliato condannare due truffatrici: troverei giusto però punire anche chi le ha aiutate a far quattrini a palate.

giovedì 26 febbraio 2009

La Griffe, questa sconosciuta...

Chi mi conosce di persona lo sa, ma tu, caro lettore... non puoi saperlo. Io sono uno che bada al sodo. Le cosiddette "Griffe" o "Firme" esercitano su di me lo stesso fascino di una seduta dal dentista.
Trovo che guardare le vetrine dei negozi sia eccitante quanto osservare una mano di pittura che asciuga. Anzi, a volte anche meno. Sono il cliente da sogno per i commessi: entro in negozio, indico un capo che mi interessa, chiedo:"c'è della mia misura?" se no, esco. Se si, misuro (solo quello... nessuna variazione è ben accetta) e se mi entra, lo compro. Niente indecisioni, traccheggiamenti, contrattazioni, richieste strane: mi serve un indumento, lo scelgo, lo compro. La firma che c'è sull'etichetta per me è assolutamente indifferente... sarà che sono cresciuto in una famiglia dove in passato c'è stato qualche momento di difficoltà, quindi ho ben presente quali siano le priorità.
E io sono fortunato: mio papà, ma ancor di più mio nonno (con il quale ho passato gran parte della mia infanzia) hanno vissuto momenti abbastanza critici, e i loro racconti hanno contribuito a far sì che io associ la parola "griffe" o "alta moda" a qualcosa di frivolo, inutile... e non adatto al sottoscritto, che non ha la villa al mare, Fevvavi o bavche a vela.
Questo non significa che io non sappia chi siano o fossero i vari Armani, Versace, Valentino, e tutta quella pletora di personaggi vagamente gai che si dilettano a disegnare quello che dovremmo indossare noi poveri mortali.
Ma un aneddoto forse vi farà capire bene il livello di attenzione che viene prestato dai miei cari alla questione "griffe".
Correva l'anno 1994. Dopo aver comprato la casa nel 1990, i miei nonni si decisero a fare un ulteriore sforzo per ristrutturarla, e dotarla di un "bagno" propriamente detto. Fino ad allora il bagno era un semplice stanzino con dentro una WC e un lavabo: per farsi "la doccia" occorreva scaldare l'acqua sul fuoco, e attrezzarsi con tinozze varie... insomma, un discreto casino. Una volta terminati i lavori di muratura/idraulica, andarono a comprare i rivestimenti. E per puro caso, acquistarono delle piastrelle "firmate" Renato Balestra. Per chi non lo conoscesse...

http://it.wikipedia.org/wiki/Renato_Balestra

Il prezzo era buono (fine stock) la qualità pure: fu così che la prestigiosa firma di Renato divenne testimone delle attività "balneari" della famiglia.


Dieci anni dopo...
Un pomeriggio sono a casa dai nonni, sto facendo due chiacchiere con "la vecchia" (che per fortuna non legge il blog, altrimenti per il solo fatto di averla chiamata vecchia mi farebbe un occhio nero). A un tratto mio nonno esce dal bagno dicendo:
- "...Renato Balestra... ma..."
E io penso:"vuoi vedere che s'è accorto di avere le piastrelle firmate?"
- "... Renato Balestra... ma u nu l'ea in zûgòu de ballon? " *
* ... Renato Balestra... ma non era un calciatore?

Dopo 10 anni si era accorto della griffe, salvo sbagliare clamorosamente l'assegnazione della stessa... tra le lacrime gli ho spiegato che Renato Balestra è uno stilista. Risposta:

"Tante musse pe' dui ciappelle..." **
** Tante palle per due piastrelle

E devo dire che la penso uguale, quando vedo la gente che si affanna ad accaparrarsi la merce in saldo ma "firmata": "Tante musse pe' dui strasse"

lunedì 23 febbraio 2009

E.R. - mitili in prima linea

Come ho già scritto, da giovane ho fatto il volontario in Croce Rossa, volgarmente detto "milite". Ma noi militi, viste le peculiari abilità di alcuni, ci auto-definivamo "mitili". Ne ho viste di tutti, anzi troppi, colori. Ma invece di soffermarmi su episodi più o meno truculenti, penso sia più divertente descrivere, per sommi capi, le tipologie di "astanti" con le quali il soccorritore viene a contatto. Anche se sembra strano (o forse no?) i comportamenti delle persone che vengono a contatto con i soccorritori durante un intervento sono sempre riconducibili ad alcuni grandi cliché... sarà la reazione allo stress, sarà la voglia di rendersi utili, la mania di protagonismo: fatto sta che scassano i maroni quasi tutti nello stesso modo...

L'esperto
E' forse il più pericoloso. Lui sa tutto. Sa come è successo l'incidente, conosce la famiglia dell'infortunato, ha un'opinione certa e incrollabile sulla terapia e sulle modalità del soccorso. Se glielo chiedeste, probabilmente saprebbe dare risposte anche ad alcune domande eterne:

Esiste Dio?
Come è nato l'universo?
Perchè la focaccia di Priano è più buona di quella della Mariuccia?

Generalmente spara delle minchiate pazzesche, la più abusata delle quali è (nel caso di incidente motociclistico) "Non toglietegli il casco che sennò gli si apre la testa". Il guaio è che in genere fa proseliti, e un paio di volte io e i miei ex colleghi abbiamo faticato non poco a "compiere il nostro dovere" a causa dell'esperto e dei suoi seguaci che ci ostacolavano. Per inciso: il casco ai motociclisti caduti va tolto (con apposita manovra volta a non compromettere le vertebre cervicali e altre ossa dell'area) per diversi ottimi motivi, ad esempio: consentire il controllo e l'accesso alle vie aeree, impedire che spostamenti della barella/ambulanza siano "amplificati" dal peso del casco, mettere correttamente un collare cervicale... eccetera.

Il protettivo
E' quello che non sa nulla, a parte una cosa: tu il mio amico/fratello/sorella/papà/figlio NON LO TOCCHI. Aspettiamo che arrivi il Dottor Ross o almeno l'infermiera Hataway. Tu, semplice barelliere del cazzo, non puoi nemmeno avvicinarti al mio congiunto. Che nel frattempo (fatto accaduto realmente) sta annegando nel proprio sangue dopo essere cascato (ubriaco) dal motorino. E quella volta, se il mio collega non avesse dato due spintoni al protettivo di turno, il centauro avvinazzato sarebbe andato molto velocemente a guardar crescere l'erba dal lato sbagliato...

L'apprensiva
in genere è una donna. A volte non è proprio immediato individuare la prima cosa da fare sul luogo di unincidente. Mentre stai cercando di capire come muoverti, l'apprensiva si preoccupa di qualcosa di futile... ad esempio allacciare una scarpa a un moribondo, piuttosto che chiederti: ma non prenderà freddo? Mentre tu stai sbottonando la camicia ad un uomo in arresto cardiaco.

Lo scettico
Non può essere che il suo congiunto stia COSI' male. Voi dite che è un infarto... ma secondo me ha solo preso freddo. Magari non ha digerito i biscotti do stamattina... e il dolore al braccio potrebbe essere uno sforzo: glielo dico sempre di non esagerare con le botttiglie quando fa la spesa, che pesano... si, fuma, ma mica tanto... ha da poco passato i 50, ed è un po' sovrappeso, ma non può essere un infarto.
E intanto, nell'altra stanza: milleuno, milledue, milletre... LIBERA!

L'inutile
Ok, sei spaventato. Posso capire che il fatto di avere un parente esanime in casa possa causarti un trauma. E capisco anche che sono le tre della mattina, quindi non sei proprio sveglissimo, però... ME LA APRI STA CAZZO DI PORTA???

Il disperato
E' quello che appena arrivi, ti chiede, con aria trafelata:"dov'è il medico?"
Ma veramente ci han chiamati per una caduta con sospetta frattura, non serve mica il medico... "COME NO!!! è gravissimo!!!". In genere il moribondo è lì che ti aspetta, seduto, con già il pigiama addosso, un piede/gamba fasciati che nemmeno glieli avesse maciullati un autotreno, e le mani sulle palle perchè il disperato continua ad elencare, come un mantra, tutte le possibili complicazioni che possono derivare da una semplice caduta.

Infine, anche se capita raramente, c'è anche chi si fida, si mette a disposizione e aiuta veramente. A volte basta poco, ad esempio scendere in strada a tenere il portone aperto, aiutare a trasportare eventuale attrezzatura, oppure spostare mobili, tavoli, sedie, letti... che ingombrano. So che è difficile, che vorreste rendervi utili a tutti i costi: ambite, col vostro intervento, ad alleviare le sofferenze del vostro congiunto. Ma l'unico modo per aiutarlo veramente è lasciar lavorare chi (forse) il soccorritore lo fa di mestiere.