Con buona pace del panda, che comunque... ha anche lui i suoi detrattori.
Giochi di parole a parte, volevo scrivere due considerazioni sulla questione Fiat, Panda, Polonia eccetera eccetera. Trovo che quanto sta accadendo alla Fiat sia emblematico: è la realizzazione di ciò che io (ma non solo io, eh...) vado predicando da anni. Non sono un economista, né un esperto di mercati internazionali, tuttavia da uomo semplice ho sempre considerato l'economia mondiale come un insieme di recipienti, più o meno capienti e appoggiati su un planisfero. La ricchezza è il liquido che ci sta dentro. In passato i mercanti, gli imprenditori, gli avventurieri... si davano da fare per spostare il liquido da un recipiente all'altro. Cercavano di portare quanto più liquido possibile nel recipiente poggiato sulla loro zona d'origine. Chi non capiva il gioco (ovvero gran parte del mondo che definiamo "terzo" al giorno d'oggi) si faceva portare via il liquido, e di conseguenza le possibilità di crescere e di svilupparsi diminuivano drasticamente. La storia è andata avanti così per secoli, con alcune litigate tra i bevitori più forti per accaparrarsi le sorgenti migliori. Ma un bel giorno è arrivata la globalizzazione, sorella dell'informatizzazione e del libero fluire delle informazioni. Io la visualizzo come una serie di tubicini, che collegano tutti i recipienti tra loro.
Avete presente i vasi comunicanti, vero? Il liquido si sposta dai recipienti colmi a quelli quasi asciutti. E continuerà a farlo, fino a raggiungere l'equilibrio. La Cina comunista, un bel giorno ha detto: "a cosa state giocando voi? Ah, il capitalismo. Posso giocare anche io, vero?" E un miliardo e passa di cinesi si sono seduti al tavolo, ma senza badare alle "convenzioni" e potendo contare su un regime totalitario e una massa di persone immensa. Hanno messo il loro secchio sul planisfero, e lo hanno collegato con fior di tubi agli altri secchi. E il liquido, inesorabilmente, fluisce.
Un operaio in Cina percepisce un quinto del salario del suo omologo in Italia. Poche palle: o si sposta la fabbrica in Cina, o si cambia mestiere. Magari si può produrre qualcosa che non sia redditizio in Cina... o magari si chiude tutto e tanti saluti all'italica industria manufatturiera. A me sembra tutto mortalmente semplice. Forse sono un sempliciotto, o magari un cinico figlio di puttana... ma se fossi Marchionne:
1) comincerei a pensare che tra 20 anni le automobili non saranno un gran business: inutile quindi investirci tempo e denaro
2) siccome in Cina costa meno, produco là.
3) In Italia si mantengono solo i servizi "essenziali": marketing, progettazione... il cervello, insomma.
Quando i cinesi sapranno fare anche quello... vedi il punto 1.
Mi fanno sorridere coloro che si scagliano contro i dirigenti di Fiat, che costringono i lavoratori a rinunciare ai diritti faticosamente guadagnati. Così come mi fanno sorridere gli "imprenditori" che cercano di mantenere delle posizioni di privilegio, e si mostrano indignati davanti al sacrosanto rifiuto degli operai di "cinesizzarsi". La soluzione al problema? Boh, sono un agente marittimo io, mica un economista. Il mio pensiero, estremamente riassunto... potrebbe essere:
Pomigliano si o Pomigliano no? Non importa. La Panda (e le grandi fabbriche in Italia/Europa) devono morire.
Giochi di parole a parte, volevo scrivere due considerazioni sulla questione Fiat, Panda, Polonia eccetera eccetera. Trovo che quanto sta accadendo alla Fiat sia emblematico: è la realizzazione di ciò che io (ma non solo io, eh...) vado predicando da anni. Non sono un economista, né un esperto di mercati internazionali, tuttavia da uomo semplice ho sempre considerato l'economia mondiale come un insieme di recipienti, più o meno capienti e appoggiati su un planisfero. La ricchezza è il liquido che ci sta dentro. In passato i mercanti, gli imprenditori, gli avventurieri... si davano da fare per spostare il liquido da un recipiente all'altro. Cercavano di portare quanto più liquido possibile nel recipiente poggiato sulla loro zona d'origine. Chi non capiva il gioco (ovvero gran parte del mondo che definiamo "terzo" al giorno d'oggi) si faceva portare via il liquido, e di conseguenza le possibilità di crescere e di svilupparsi diminuivano drasticamente. La storia è andata avanti così per secoli, con alcune litigate tra i bevitori più forti per accaparrarsi le sorgenti migliori. Ma un bel giorno è arrivata la globalizzazione, sorella dell'informatizzazione e del libero fluire delle informazioni. Io la visualizzo come una serie di tubicini, che collegano tutti i recipienti tra loro.
Avete presente i vasi comunicanti, vero? Il liquido si sposta dai recipienti colmi a quelli quasi asciutti. E continuerà a farlo, fino a raggiungere l'equilibrio. La Cina comunista, un bel giorno ha detto: "a cosa state giocando voi? Ah, il capitalismo. Posso giocare anche io, vero?" E un miliardo e passa di cinesi si sono seduti al tavolo, ma senza badare alle "convenzioni" e potendo contare su un regime totalitario e una massa di persone immensa. Hanno messo il loro secchio sul planisfero, e lo hanno collegato con fior di tubi agli altri secchi. E il liquido, inesorabilmente, fluisce.
Un operaio in Cina percepisce un quinto del salario del suo omologo in Italia. Poche palle: o si sposta la fabbrica in Cina, o si cambia mestiere. Magari si può produrre qualcosa che non sia redditizio in Cina... o magari si chiude tutto e tanti saluti all'italica industria manufatturiera. A me sembra tutto mortalmente semplice. Forse sono un sempliciotto, o magari un cinico figlio di puttana... ma se fossi Marchionne:
1) comincerei a pensare che tra 20 anni le automobili non saranno un gran business: inutile quindi investirci tempo e denaro
2) siccome in Cina costa meno, produco là.
3) In Italia si mantengono solo i servizi "essenziali": marketing, progettazione... il cervello, insomma.
Quando i cinesi sapranno fare anche quello... vedi il punto 1.
Mi fanno sorridere coloro che si scagliano contro i dirigenti di Fiat, che costringono i lavoratori a rinunciare ai diritti faticosamente guadagnati. Così come mi fanno sorridere gli "imprenditori" che cercano di mantenere delle posizioni di privilegio, e si mostrano indignati davanti al sacrosanto rifiuto degli operai di "cinesizzarsi". La soluzione al problema? Boh, sono un agente marittimo io, mica un economista. Il mio pensiero, estremamente riassunto... potrebbe essere:
Pomigliano si o Pomigliano no? Non importa. La Panda (e le grandi fabbriche in Italia/Europa) devono morire.